sabato 26 maggio 2018

Maglia Rosa e bollicine rosé: chi ha vinto in Franciacorta

Passeggiate fra le vigne della Franciacorta (foto da La Strada del Franciacorta)

Sulle rive di quel lago d’Iseo che due anni fa ha visto il “trionfo” della passerella di Christo, ha trionfato quest’anno Elia Visconti, quarta sua vittoria a questo Giro d’Italia. La maglia rosa però è rimasta sulle spalle di Yates, sia pure per poco, visto il successo finale di Froome. Rosa sembra anche l’avvenire della Franciacorta e del suo vino principale, il Franciacorta, ovvero uno spumante classico Docg, che si distingue nel panorama mondiale delle bollicine, per il rigoroso disciplinare di produzione e per qualità e finezza nel bicchiere, anche se la sua produzione è relativamente esigua, aggirandosi sui 17 milioni di bottiglie l'anno, di cui il 10% circa esportate.
L'arrivo della tappa vinta da Viviani.
La 17ma tappa Riva del Garda-Iseo aveva questa caratteristica: di far transitare la carovana per 60 dei suoi 155 km lungo le strade della Franciacorta. Cantine aperte, naturalmente, lungo il percorso, anche se ovviamente i corridori non potevano permettersi di farvi sosta. Spente le luci su quello che è stato definito Franciacorta Stage, le riaccendiamo qui per segnalare per ogni località toccata dai ciclisti in Franciacorta almeno una cantina d’eccellenza, soprattutto – piccolo omaggio al Giro e alla sua maglia da leader – per quanto riguarda il Rosé. Il Franciacorta Rosé deriva obbligatoriamente da uve di pinot nero (almeno il 35%), più eventualmente chardonnay, pinot bianco (massimo 50%) ed erbamat, un vecchio vitigno bianco, riportato in auge per le sue doti di acidità, che donano, qualora necessario, freschezza al vino. Come si ottiene il colore rosato? Semplice a dirsi, più difficile a farsi. Si lasciano fermentare le uve di pinot nero a contatto con la buccia (rosso scuro o nerastra) per il tempo necessario a dare al vino-base la tonalità rosata desiderata. Si può in alternativa mescolare i vini base pinot nero e chardonnay e/o pinot bianco.
In linea generale il Franciacorta Rosé, grazie alla presenza del pinot nero, risulta uno spumante classico di maggior corpo e struttura rispetto ai suoi altri confratelli, è quindi indicato per piatti saporiti, anche di carne.
Seguiamo dunque rigorosamente il percorso di tappa nell’ultima parte, quella che riguarda la Franciacorta appunto. La prima località toccata dai passeurs dopo circa 95 km da Riva del Garda è stata Ome. Una chicca da visitare assolutamente, il museo Il Maglio Averoldi, antica fucina del ferro (https://valtrompia.cosedafare.net/luoghi/ome/museo-maglio-averoldi/743). È anche agriturimo, b&b e fattoria didattica La Fiorita (via Maglio 10, https://lafioritafranciacorta.com), cantina la cui produzione è iniziata nel 2010 e oggi, grazie alle uve coltivate su 10 ettari di terreno, si aggira sulle 95mila bottiglie l’anno. Il Rosé della Fiorita è un brut dal colore scarico con qualche riflesso aranciato, che matura 2 anni sui lieviti. Morbido e dotato di una certa struttura, non nasconde tuttavia la vena acidula, che le conferisce freschezza. Viene consigliato per l’aperitivo, ma anche con antipasti di pesce e crostacei. Fiore all’occhiello della produzione è il Franciacorta Riserva Eurosia extrabrut 2009, dedicato alla nonna dei titolari, moglie del fondatore Paolo Bono: poco più di un  migliaio di bottiglie di Chardonnay in purezza, dal sapore sapido e intenso, che si abbina bene persino a formaggi stagionati.
Qualche km di strada in discesa ed ecco Rodengo Saiano, ove si staglia e la monumentale Abbazia Olivetana di San Nicola, benedettina, fondata a metà dell’11° secolo (www.abbaziasannicola.it). La cantina Mirabella (via Cantarane 2, www.mirabellafranciacorta.it), fondata nel 1979, proprietà di Angelo Del Bono, produce circa 450.000 bottiglie annue utilizzando terreni di proprietà e in affitto. Sostenibilità ambientale e coltivazioni biologiche (non ancora complete) e l’intenzione di eliminare il più possibile l’aggiunta di solforosa nei vini sono gli obiettivi dell’azienda, in parte già realizzati. Il loro Franciacorta Rosé brut, deriva da pinot nero (45%), chardonnay (45%) e pinot bianco (10%). Ha colore rosa tenue, con bei profumi agrumati, sorso sapido e però morbido, di bella armonia. Matura sui lieviti per tre anni. Abbinamenti con pesce, anche di lago (persico) e crostacei, per esempio gamberi con zeste di agrumi. Il vino più importante di Mirabella è probabilmente il Franciacorta extrabrut Elite, da uve del cru Mirabella, solo Chardonnay affinato almeno due anni e mezzo sui lieviti, senza solfiti e allergeni.
Si prosegue superando Paderno Franciacorta per giungere a Bornato, frazione di Cassago San Martino. Qui Monte Rossa (via Monte Rossa 1, www.monterossa.com), azienda fondata nel 1962 da Paolo e Paola Rabotti, oggi gestita dal vulcanico figlio Emanuele, produce 500mila bottiglie l’anno di gran qualità. E, inaspettatamente, non uno ma due rosati. Il primo, più giovane, è il Franciacorta brut Rosé Flamingo (60% chardonnay, 40% pinot nero), dal colore rosa tenue, con intensi profumi di piccola frutta rossa e di rosa, dal sapore sapido, fresco e brioso. Fermenta parzialmente in botti di rovere e si affina sui lieviti per un paio d’anni. Si abbina bene a piatti di salmone. Il secondo, è il Cabochon Riserva brut 2008(viene prodotto solo in annate particolari), 59% chardonnay, 41% pinot nero. Fermenta in piccoli fusti di rovere e si affina in bottiglia oltre 5 anni. Il colore è un rosa classico, il profumo è caratterizzato da aromi fruttati e speziati, la “bocca” è strutturata, quasi potente. Si abbina tranquillamente anche a piatti di carne rossa. 
Sempre a Cazzago San Martino, ma in frazione Calino la Tenuta Montenisa dei Marchesi Antinori (via Paolo VI 62, www.tenutamontenisa.it) produce oltre 300mila bottiglie, fra le quali spicca il Rosé, brut non millesimato, 100% pinot nero, che matura in bottiglia per i classici 24 mesi. Il colore è buccia di cipolla tenue; ha profumi di piccoli frutti rossi e melagrana, anche di fiori di campo secchi; in bocca risulta fresco e strutturato, elegante. Da abbinare a crostacei, carne bianca, piccione. Tra i millesimati scegliamo il Donna Cora Satèn 2011, 100% Chardonnay, prima fermentazione parzialmente in barrique, seconda in bottiglia per 4 anni. Colore giallo paglierino, aromi floreali e di frutta a polpa bianca (pesche), in bocca è armonioso ed elegante. Per primi e secondi piatti a base di pesce di mare.
Erbusco è il capoluogo ufficioso della Franciacorta e ospita cantine famose come Bellavista e Ca’ del Bosco. Bellavista (via Bellavista 5, www.bellavistawine.it ) di Vittorio Moretti, attuale presidente del Consorzio di tutela del Franciacorta (www.franciacorta.net), produce oltre un milione di bottiglie di qualità innegabile. Il suo Rosé 2013 (60% circa chardonnay, il resto pinot nero) è il risultato di trenta selezioni in vendemmia e di una prima fermentazioni condotta per una parte in botti piccole. Matura 5 anni sui lieviti. Colore rosa tenue, tendente con gli anni all’antico; profumo di frutta a polpa bianca, poi di fragoline, rosa, lievemente agrumato; sapore secco, quasi austero, tuttavia fresco e armonico, elegante. Ottimo matrimonio in tavola con sashimi di ricciola e carpaccio di spada e olive. Fra i vini di vertice, il Franciacorta Vendemmia Pas operé Extrabrut 2010 ha un posto di rilievo. 65% chardonnay, 35% pinot nero le uve, frutto di esasperate selezioni in vigna; metà del mosto è vinificato in botti piccole. Matura per sei anni di cantina. Colore paglierino con riflessi dorati, profumo mielato e di erbe mediterranee, sapore asciutto, pieno, elegante e setoso. Da accostare ad ostriche, linguine ai frutti di mare, branzino al sale.
Da Erbusco a Corte Franca, 7 km circa lungo le strade del Giro, per approdare in località Borgonato, ove hanno la loro sede due cantine quasi omonime ma non imparentate e piuttosto diverse: la Guido Berlucchi, della famiglia Ziliani e la Fratelli Berlucchi. 4,5 milioni di bottiglie circa la produzione annua della prima, un decimo, 450mila quella della seconda. 
Della Guido Berlucchi (piazza Duranti 4, www.berlucchi.it) prendiamo in considerazione due dei tre rosati prodotti dalla casa. Il primo fa parte della linea Berlucchi ’61, che richiama l’anno 1961, in cui
uscì il primo spumante classico di Franciacorta. Ed è appunto il Berlucchi ’61 Nature Rosé 2011, 100% Pinot nero. Fermenta in tini d’acciaio, ma una piccola parte viene vinificata in rosso per una settimana per ottenere col taglio il colore rosato. L’affinamento e maturazione in bottiglia dura almeno 5 anni e dopo la sboccatura del vino, il rabbocco è fatto con lo stesso vino, in modo che la tipologia sia quella di un vino secco, a dosaggio zero, o nature che dir si voglia. Ha colore rosa fra la cipria e l’incarnato; profumi che richiamano la confettura di ribes e gli agrumi, sapore netto, secco, fresco e complesso allo stesso tempo. Molto bene con piatti di pesce salsati e carne bianca.
Un altro rosato di classe, che però si può sorseggiare solo a un tavolo di un ristorante del network dei Jeunes Restaurateurs (www.jre.eu/it/italia) è la Cuvée J.R.E. N. 3, frutto della degustazione di vari spumanti effettuata nel 2015 da sei donne chef e sommelier dell’associazione. Si tratta di un extrabrut 2007, da chardonnay (62%) e pinot nero (38%). Ben 7 anni di maturazione sui lieviti e dopo la sboccatura un dosaggio di soli 2 grammi di zucchero per litro. Colore rosato deciso con sfumature aranciate, profumo che richiama i piccoli frutti rossi, sapore pieno, di corpo, elegante e sinuoso. Ottimo aperitivo, si accosta bene a piatti di pesce saporiti.
Quattro fratelli e una sorella energica, Pia Donata, ammnistratore delegato, i Berlucchi hanno fondato la loro cantina (via Broletto 2, www.fratelliberlucchi.it ) nel 1967. L’uva è tutta coltivata sulla loro terra, senza usare prodotti di sintesi, con basse rese per ettaro e utilizzo solo di botti di legno italiano. Il loro Franciacorta Freccianera Rosé è un brut e l’ultima annata, il 2013, è stata ottenuta da una cuvée di Chardonnay (40%), Pinot nero vinificato in bianco (30%) e Pinot nero vinificato in rosato (30%). Colore rosato classico, profumo fruttato, anche di lievito, con note di pepe rosa; sapore fresco, sapido di buona armonia, snello e succoso. Da abbinare in particolare a sushi di salmone, zucchine ripiene, cocktail di gamberetti. Vino di vertice è il Franciacorta Casa delle Colonne Riserva 2011 brut, da uve chardonnay (80%) e pinot nero (20%). Sosta oltre 6 anni sui lieviti. Colore giallo paglierino carico tendente al dorato; profumo ricco, quasi avvolgente, dalla frutta estiva alla pasticceria, dalla salvia alla nocciola. Sapore equilibrato, elegante, di corpo e di garbata sapidità. Abbinamenti elettivi: risotto con le spugnole, rombo al forno, roast-beef.
Da Corte Franca a Iseo, cittadina sul lago dai vicoli stretti e tortuosi, ove c’è più di un luogo storico da visitare: il Castello Oldofredi (12° sec.), per esempio, ma anche gli affreschi duecenteschi della 
Cappella di Santa Maria del Mercato. Agriristoro con alloggi, la Cascina Clarabella (via delle Polle 1800; ingresso da Corte Franca, via E. Mattei snc, www.cascinaclarabella.it ), sulle sponde del lago, utilizza 10 ettari di vigneto biologico per produrre cinque tipologie di bollicine. Il rosato si chiama Annalisa Faifer, omaggio alla signora che ha avviato la costituzione di questa realtà agricola nel 2003. Le uve sono state coltivate alle pendici del monte Orfano e si tratta di pinot nero al 100%, vinificato in rosa e poi affinato in bottiglia per 30 mesi. Il colore richiama la buccia di cipolla, ha sentori floreali e di piccoli frutti rossi, che si riscontrano anche al palato, mescolate a note sapide e minerali in una bella struttura. Abbinamenti: luccio in salsa, tagliolini con sardine essiccate del lago. Chardonnay 100% nel Satèn, le cui uve sono in piccola parte fermentate in barrique. Poi 24-30 mesi sui lieviti prima della sboccatura e di ulteriore affinamento in bottiglia. Giallo paglierino, bei profumi floreali, sapore equilibrato, con finale di mandorla e richiami minerali. Eccellente aperitivo, accompagna poi bene frittate di verdura, primi e secondi estivi.
Provaglio d’Iseo, a pochi km, offre lo spettacolo della riserva naturale delle Torbiere del Sebino (www.torbieresebino.it), zona paludosa con esemplari rari di flora e di fauna. Sopra un’altura, il Monastero di San Pietro in Lamosa (www.sanpietroinlamosa.it), del 5°-12° secolo, con importanti affreschi. Qui la Barone Pizzini (via San Carlo 14, www.baronepizzini.it) meno vanto dall’essere stata la prima azienda franciacortina ad avere scelto il biologico, nel 1998, cinque anni dopo la sua fondazione. La produzione sfiora in alcune annate le 300mila bottiglie. Il Rosé 2013 è costituito da pinot nero (80%) e chardonnay (20%). Per la maturazione dei vini vengono utilizzati sia vasche
d’acciaio che barrique. Il colore si avvicina al corallo, i profumi di ribes rosso e nero sono evidenti assieme a quelli di rosa; in bocca è bello sapido, con sfumature di agrumi, armonico. Un rosato dal carattere estivo, ottimo con piatti freddi saporiti e frutti di mare crudi. Secondo il produttore "rappresenta l'anima di Barone Pizzini perché racchiude in sé la natura viva di tutti i suoi vigneti": è il Franciacorta Animante brut, da chardonnay (78%), pinot nero (18%) e pinot bianco (4%), che matura sei mesi in acciaio inox e poi ancora 20-30 mesi sui lieviti. Colore giallo paglierino, ma vivido, profumo floreale, di frutta tropicale e anche agrumi; sapore sapido, vivace e anche cremoso. Bene con pesce marinato (non troppo), impepata di cozze, orata al forno con le erbe.
Da Provaglio a Monticelli Brusati lungo una strada ondulata per raggiungere la frazione Villa, che dà il nome, appunto, all'azienda Villa Franciacorta (via Villa 12, www.villafranciacorta.it). Prima di parlare dei suoi vini però merita di segnalare il trecentesco Santuario della Madonna della Rosa, su un colle, con begli affreschi Quattro-settecenteschi. Sotto lo sguardo protettivo dunque della Madonna della Rosa, nasce il Franciacorta brut Rosé Bokè 2012. I favori della Santa Vergine sono sempre utili, ma i successi della cantina sono dovuti all'opera del fondatore Alessandro Bianchi e successivamente anche della figlia Roberta e del genero Paolo Pizziol, oltre che di enologi e agronomi di vaglia. Il borgo medievale, ristrutturato con
rispetto e circondato dai vigneti, dove si trovano cantina e uffici, offre anche un ristorantino e begli appartamenti o camere in un contesto naturale e architettonico d'inconsueta bellezza. Ormai la conduzione agricola è segnata dal metodo biologico e i vini, che derivano da vigne impiantare su terreni argillosi e marnosi più che morenici (come nel resto della Franciacorat), hanno tutti un carattere sapido, a volte quasi salmastro.
Tornando al Franciacorta brut Rosé Bokè 2012, si tratta di un pinot nero al 100%, vinificato in bianco all'80%, in rosato per il resto e quindi mixato. Si affina sui lieviti per circa 3 anni, in alcune partite fino a quasi cinque. colore rosa delicato, profumi fruttati con buona evidenza di ciliegia e lampone. Sapido e fresco in bocca elegante, con accenni di frutta e anche minerali. Si accoppia generosamente con salmone dall'affumicatura delicata, carpaccio di polpo e persino con un piatto strutturato come la pluma iberica alla plancia, con pomodoro bruciato, mela verde e crescione, uno dei migliori dell'attuale menu del ristorante Due Colombe di Borgonato di Corte Franca (www.duecolombe.com). Un altro Franciacorta notevole della produzione Villa, che "festeggia" nel 2018 i 40 anni della sua prima
Pluma iberica, piatto de Le Due Colombe
comparsa, è l'Emozione brut, la cui ultima annata in commercio è il 2014. 90% di Chardonnay, 10% di Pinot nero la cuvée, con affinamento parzialmente in barrique per sei mesi e circa tre anni sui lieviti. Colore giallo paglierino carico, profumo di frutta cotta e cruda (pera, susina), un ricordo di pistacchio, qualche nota minerale; in bocca risulta fresco e sapido, elegante promettente di sviluppi organolettici ulteriormente positivi. 
Per vitello tonnato, tacchinella al pepe rosa, spaghetti ai ricci di mare. 
Una recente degustazione verticale, con annate che dal 2014 risalivano all’indietro addirittura al 1985 e 1983, passando per altre sette millesimi degli anni Duemila, ha contribuito a far conoscere meglio la potenzialità di questo Franciacorta, davvero emozionante, durante l’invecchiamento: e si parla di sboccature effettuate, per i vini più anziani, dopo soli tre anni. Ebbene, contrariamente a quanto si sosteneva fino a non molti anni fa anche in Champagne, bollicine di buona struttura, prodotte e conservate con la massima cura, hanno dimostrato di poter maturare per anni in cantina senza soffrire e anzi evolvendosi ulteriormente e persino conservando alcune doti di freschezza. Chapeau.
Ultima tappa nella tappa, Passirano (anche se il percorso ciclistico prevedeva di ripassare ancora da Corte Franca prima del traguardo di Iseo), con l’azienda Le Marchesine di Loris Biatta (via Vallosa 31, www.lemarchesine.it), coadiuvato da tutta la famiglia e dall’enologo champenois Jean Pierre Valade, che su 40 ettari vitati arriva a produrre circa 450mila bottiglie l’anno. Il suo Franciacorta
Rosè brut 2012 fa pari e patta di Chardonnay e Pinot nero, che contribuiscono ciascuno appunto per la metà. Il vino riposa (e “lavora”) sui lieviti per tre anni e più dopo la prima fermentazione in vasche d’acciaio. Colore rosa quasi ramato, profumi di ribes e mirtilli, poi ancora di rosa con qualche accenno fumé. Sapore fresco, fine, che fa intuire una bella struttura e una complessità che si espande piano piano. Per piatti saporosi come totani ripieni, spiedini di gamberi, salmone affumicato. Ma il vino di maggior prestigio de Le Marchesine è senza dubbio il Franciacorta Secolo Novo: la versione Dosage zero riserva 2008 è costituita da Chardonnay al 100%, che ha sostato oltre cinque anni sui lieviti: eppure lo spumante è ancora fresco come un giovanotto. Il colore è paglierino brillante con nuances dorate, i profumi richiamano ancora il fiore bianco, oltre che il fruttato dell’albicocca e della pesca gialla, mentre il sapore è elegante, sapido, con sentori di nocciola e accenni balsamici. Gran belle bollicine, da abbinare magari a una tartare di salmone selvaggio dell’Alaska, a un risotto col pesce persico o a un’aragosta in bellavista. E sì: il Secolo Novo invecchia bene.

Il percorso della tappa Riva del Garda-Iseo. La Franciacorta inizia a Ome, dopo 99 km.

mercoledì 9 maggio 2018

Mangia la foglia (al picnic vegano) e salva il pianeta. Weekend di cibo e cultura alla quinta edizione di The Vegetarian Chance

Zuppa di piselli, un piatto presentato all'edizione 2017 di TVC, del cuoco olandese Gijs Kemmeren

Come in un libro di racconti il cui titolo è il medesimo della novella principale, l’edizione 2018 di The Vegetarian Chance (TVC) porta in primo piano il titolo di un suo convegno, che tratterà dell’impatto della produzione alimentare sulla nostra vita: Mangia la foglia, salva il pianeta.
Non si tratta cioè solo di convincersi che una cucina priva di alimenti di derivazione animale può essere gustosa e soddisfacente quanto quella tradizionale, ma di comprendere che ormai non si può più prescindere dal tema della sostenibilità ambientale della produzione del cibo. Questo argomento inevitabilmente s’intreccia con quello dei cambiamenti climatici e persino con l’etica di uno sviluppo, che poggia da un lato sulla carenza alimentare nei paesi meno sviluppati e dall’altro sulla fine storica
Pietro Leemann e Gabriele Eschenazi
dell’indispensabilità di ingurgitare vivande basate sulla carne di animali allevati e uccisi. The Vegetarian Chance, inventato cinque anni fa dal giornalista Gabriele Eschenazi e dallo chef 
Pietro Leemann, del ristorante milanese Joia (una stella Michelin), è certamente, come recita il suo sottotitolo, un festival internazionale di cultura vegetariana, e lo testimoniano i vari incontri organizzati per discutere temi specifici. Per esempio, quello sulle problematiche dei cambiamenti climatici rispetto alla produzione agricola biologica; o quell’altro, dal titolo significativo: “Nutrirsi di vegetali: una scelta salutare e ambientalista”. Ma è anche e forse soprattutto, un festival di cucina: addirittura vegana, perché gli otto finalisti che si contenderanno la palma di vincitore del concorso culinario, prepareranno ognuno due piatti (uno legato alla tradizione, l’altro più creativo) non solo privi di carne e pesce ma pure di latticini, uova e altri derivati di origine animale. 
Per la prima volta il concorso, che nelle passate edizioni per motivi logistici vedeva solo la presenza di stampa e addetti ai lavori, potrà essere seguito da tutti, visto che la location di quest’anno, la Fabbrica del Vapore di Milano, offre ampi spazi. 
Ma come vedono i clienti dei ristoranti la proposta di piatti vegetariani e vegani? Un sondaggio rivolto a un campione di ristorazione medio-alta e cioè di associati al network dei Jeunes Restaurateurs d’Europe – Italia ( https://www.jre.eu.it/italia ) ha dato risultati “clamorosi”, secondo Renato Mannheimer di Eumetra Mt, che ha collaborato all’inchiesta. Ai titolari di 50 locali sono state rivolte cinque domande, che qui riassumiamo, accorpando a volte i dati di vegetariani e vegani. 
1. Nell’ultimo anno c’è stato un aumento di richiesta di piatti veg? Sì 81%, No 19%. 
2. Se sì, di quante richieste settimanali si parla? Meno di 10, 67%; tra 10 e 20, 17%; più di 20, 16%. 
3. La carta del suo ristorante include piatti veg? Sì, solo vegetariani, 46%; sì, solo vegani, 46%; no, 8%.
4. Ha mai pensato di proporre menu per vegetariani e vegani? Sì, l’ho già inserito per ambedue, 17%; sì, solo per vegetariani, 28%; no, ci sto pensando o modifico i piatti su richiesta, 55%. 
Culurgione in riva al mare,
di Fabio Vacca, 2017
5. Quanto la sua cucina è influenzata dall’interesse del pubblico verso il veg? Molto, 23%; parzialmente, 56%; per niente, 21%.
Insomma, Veg, piaccia o non piaccia, avanza. Per conoscerlo meglio e magari cambiare abitudini c’è una possibilità, fra pochi giorni: The Vegetarian Chance, appunto.

Il programma 
Negli spazi esterni della Fabbrica del vapore, Foodtruck veg e produttori agricoli danno il benvenuto alla manifestazione
. Al pianterreno partner ed espositori di cibo veg incontrano il pubblico per assaggi e acquisti. 
Al primo piano: Spazio Arte con le foto Nudo e crudo di Agnese Z’Graggen e Tosi Photography, i disegni Dal cielo la manna di Vittorio Pavoncello. Spazio libri a cura di Bookcatering. 

Sabato 12 maggio.  Ore 11
 Non ci sono più le stagioni di una volta Sala 1° piano.
 La parola agli agricoltori del Mercato della Terra Slow Food: Giancarlo Colombo, El Giardinet, Marisa del Corno, Pioppo Tremulo, Aina Pacifico, cascina Dulcamara.
 Conduce Gabriele Eschenazi.  
Ore 12 Sala 1° piano Spazio Orogel. Il buon utilizzo dei vegetali in prevenzione e terapie
, Show cooking con lo chef Pietro Leemann e la nutrizionista Elisa Brighenti.
Ore 13 Sala 1° piano A pranzo con Neal Barnard Il medico vegano più famoso degli Usa e Pietro Leemann, lo chef vegetariano più famoso d’Europa, consumano e commentano un picnic vegano col pubblico. Cestino a cura dell’Officina del Gusto (20 €, comprende stufato di orzo e funghi, sigari toscani veg, insalata di quinoa, composta di frutta di stagione al forno). 
Ore 14.30 Sala 1° piano Nutrirsi di vegetali: una scelta salutare e ambientalista Intervento di Neal Barnard, presidente del Physicians Committee for Responsible Medicine. Introducono Pietro Leemann e Jenny Sugar, health&food coach certificata da Barnard. 
Ore 16.30 Sala 1° piano Mangia la foglia, salva il pianeta: l’impatto della produzione alimentare sulla nostra vita Incontro con Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace e Silvia Ceriani, responsabile comunicazione Terra Madre-Salone del Gusto di Slow Food. Conduce Venetia Villani, direttore di Cucina Naturale. 
Ore 16.45 Cucine Electrolux (piano terra) Spazio Joia Academy Wild, un piatto tra natura e cultura 
Gnocchi andini, di Rafael Rodriguez, 2017
Show cooking a cura dello chef Sauro Ricci 
Ore 18 Sala 1° piano Aria, acqua, clima: un approccio etico spirituale smarrito. Il punto di vista della cultura vedica Incontro con il prof Marco Ferrini, direttore del Centro Studi Bhaktivedanta. 
Domenica 13 MaggioOre 9 Concorso internazionale TVC 2018.
 Al pianterreno, Spazio cucine Electrolux
. I concorrenti: Willy Berton (Francia), Matteo Carelli (Svizzera), Walter Casiraghi (Russia), Antonio Cuomo (Italia), Barbara Ghizzoni (Italia), Yoshiko Hondo (Giappone), Manfredi Rondina (Italia), Federica Scolta (Italia). 

Ore 11-14
 I concorrenti presentano i piatti alla giuria composta da
 Pietro Leemann, Neal Barnard, Cesare Battisti, Leonardo Caffo, Aimo Moroni, Mariella Tanzarella. 
Tutti potranno seguire la preparazione dei piatti dietro le transenne, o dalla balconata del 1° piano, dalle 10.30
Ore 11.15 Spazio Lavazza: A Meta, Colombia, il riscatto parte dal caffè Racconta Michele Cannone. 
Ore 12 e ore 14 (Sala 3 PT) 
Il Piatto magico (per i bambini)
, Laboratori vegetali Slow Food per la biodiversità condotti da Alessandra Zambelli (adulti 5 €, bambini 2 €). 
Ore 15 Cerimonia di premiazione del concorso The Vegetarian Chance (1° piano). I premi della giuria presieduta da Pietro Leemann. Introduce Gabriele Eschenazi. 
Ore 16.15 Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo  Un libro di Leonardo Caffo (Einaudi) presentato dall’autore con Giovanni Caprara (Corriere della Sera), Claudio Agostoni, direttore di Radio Popolare e Corinna Agostoni, blogger. 
Ore 17.45 Mangia la foglia...Ricola presenta: Nando Timoteo, star di Colorado.

Info. The Vegetarian Chance, 12 e 13 maggio, presso la Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4, Milano, https://thevegetarianchance.org 

martedì 8 maggio 2018

Grappa a...Gocce di stilla alle Stelline. Ma abbinata a formaggi, salumi, cioccolato, in cocktail. Magari affinata in legni preziosi. Per diventare tutti più spiritosi

Uno scorcio della Distilleria Segnana, in Trentino.
Per un grave errore tecnico questo post è rimasto in bozze per 4 giorni. Lo (ri)pubblico ugualmente, a manifestazione conclusa.

La Grappa scorrerà a…gocce, forse a ruscelli, certo non a fiumi al Palazzo delle Stelline di Milano. Dove apre domani 5 maggio per terminare il giorno dopo, Gocce di Stilla, la manifestazione organizzata da Anag (Associazione assaggiatori grappa e acqueviti). E del resto chi nel 2018 oserebbe più ingurgitarsi un bicchierone di Grappa al volo, magari di 60° d'alcol? Il distillato di
Paola Soldi presidente Anag
vinacce eminentemente italiano non è più roba da alpini in battaglia, da montanari abbruttiti dalla fatica, da rivoluzionari sessantottini (per quanto…), da resentin (acquavite aggiunta in tazzina a un rimasuglio di caffè; anche se allo scrivente piace). Ormai si è raffinata, diversificata, addolcita, nobilitata. Per esempio, perché una volta 9 persone su 10 preferivano la giovane a quella invecchiata?
Mentre oggi il 60% dei consumatori preferisce al contrario un distillato di vinacce maturato in botte? Ma perché fino a non molti anni fa i legni in cui veniva fatto l’invecchiamento erano sbagliati; o magari lo era il tipo di distillato, poco adatto alla stagionatura. Oggi invece si trovano fior di grappe maturate  magnificamente in legno, che fiancheggiano e a volte superano in qualità distillati stranieri come il Cognac, l’Armagnac e i setosi whisky di malto. Un esempio per tutti. Abbiamo assaggiato di recente una Grappa Riserva prodotta da Sibona a base di vinacce di Moscato, maturata dapprima in legno “grande” di rovere, poi affinata per diversi mesi in botti che avevano contenuto il vino Madeira. Una meraviglia: ricca, avvolgente, con sentori floreali e fruttati. Sempre Sibona (la distilleria si trova nel Roero, a Piobesi d’Alba) produce con successo categoria “Riserva botti speciali” distillati invecchiati in botti da Sherry, Porto, whiskey, rum. E non è certo l’unica distilleria a curare maniacalmente i suoi prodotti di punta.
Oggi le modalità di consumo si sono molto diversificate. Rifiutata per anni come ingrediente di cocktail, la Grappa odierna è in grado di portare alla vittoria in un concorso un barman, anche se ancora l’Iba, l’organizzazione internazionale del bere miscelato, non riconosce neanche un drink fra i suoi “mondiali”. Per esempio la barlady Caterina Lasagna, vinse già qualche anno fa il 61° Concorso nazionale Aibes (la più antica associazione professionale) con il cocktail Angel,
Vitello tonnato con mirtilli in
Grappa di Barolo
caratterizzato da una Grappa di Moscato Gaiarine del produttore Maschio. 
Oggi c’è chi utilizza il distillato di vinacce per preparare gelato molecolare e chi lo esalta in vere e proprie ricette “spiritose”, come il risotto alla Grappa di Moscato e carpaccio di gamberi rossi o i medaglioni di maiale alla Grappa Stravecchia e pinoli. O come lo chef Hide Matsumoto de Le Api di Milano, che ritiene essenziale per la sua apprezzatissima versione di vitello tonnato con pera fresca e mirtilli rossi, bagnare lungamente questi ultimi in una Grappa di Barolo.
Ma come è organizzata la manifestazione? Lungo i chiostri del palazzo delle Stelline saranno dislocati i banchi dei produttori di Grappa di diverse regioni italiane, pronti a far assaggiare i loro distillati. L’ingresso è libero, ma per degustare occorre acquistare una Drinkcard (20 €), che dà diritto ad avere il bicchiere e 8 crediti. Si spende 1 credito per ogni distilleria (dove si può procedere a pèiù assaggi) o sessione di degustazione di gelato molecolare alla Grappa (a cura del maestro gelatiere Marco Reato). Due crediti per le sessioni di degustazioni guidate alla scoperta di accostamenti inusuali fra diversi tipi di Grappe e salumi, formaggi, cioccolato. Due crediti anche per un aperitivo, cocktail a base di Grappa realizzati dall’ABI Professional, Associazione barmen italiani. 
Qualche appuntamento fra i più interessanti. Le degustazioni guidate di Grappe in abbinamento a cioccolato e frutta, a formaggi, a salumi e di gelato molecolare si svolgono al sabato a partire dalle 15,30 in varie sessioni e sale; la domenica alle 11 e poi dalle 15. L’aperitivo con il miglior cocktail alla Grappa a cura dell’Abi dalle 18.30 e poi alle 21, con la proclamazione del vincitore (sabato). Alle 21.30, ancora cocktail alla Grappa, come after dinner. La domenica, alle 10.30, seminario sulle tecniche di degustazione, mentre alle 18 c’è la cerimonia di proclamazione dei vincitori del concorso Alambicco d’Oro 2018
E’ anche in corso un contest fotografico intitolato Gocce di Stilla, emozioni in un calice, per tutti quelli che vogliono dedicare uno scatto al mondo del bere alcolico: fino al 20 maggio si possono pubblicare le proprie foto sulla pagina Facebook Assaggiatori Grappa e Acqueviti – Anag (www.anag.it/goccedistilla ) . Vinca il migliore. Brinderemo comunque.
Info.Gocce di Stilla, Palazzo delle Stelline, corso Magenta 61, Milano, www.anag.it/goccedistilla. Orari: sabato 5 maggio, 14.30-23. Domenica 6, 10-22. Ingresso libero. Drinkcard con bicchiere di degustazione e 8 crediti, 20 €; dalla seconda, 15 €.