lunedì 13 marzo 2017

Valtellina, potente e assai: vini, locande, trattorie, sport invernali. E la querelle dei pizzoccheri, da Bianzone a Bormio, a Santa Caterina Valfurva

Meleti sotto Casa La Gatta di Triacca, a Bianzone (Sondrio); al di sopra s'inerpicano i vigneti.

Qual è il simbolo gastronomico della Valtellina, la zona alpina della Lombardia? Un piatto di pasta molto particolare, i pizzoccheri. Si tratta di corte tagliatelle prevalentemente di grano saraceno, che vanno cotte nelle stessa acqua assieme a verze e patate a tocchetti, per poi essere scolate e condite, a strati, con i formaggi Valtellina Casera Dop a scaglie e Grana grattugiato. Alla fine si versa sui pizzoccheri un soffritto di aglio e burro e… via di pepe. Piatto meraviglioso, quanto robusto, cui
I pizzocheri del ristorante Altavilla (con cipolla)
abbinare a tavola un Valtellina Superiore come il Grumello, caldo, armonico ed elegante o magari osare anche il re dei vini valtellinesi, l’aristocratico Sfursat.
Quella riportata sommariamente è la ricetta ufficiale dell’Accademia del pizzocchero di Teglio (www.accademiadelpizzocchero.it), località che ha dato i natali a questo piatto, poi diffusosi in tutta la valle. Eppure le varianti (non “autorizzate”!) non mancano. Due fra le più gustose le abbiamo provate di recente. A soli 6 km da Teglio (sulla strada tra Sondrio e Tirano), Bianzone (444 metri s.l.m, 1300 abitanti) si può dire viva di due glorie: i vigneti di alcuni produttori molto validi come il noto Triacca e l’emergente Marcel Zanolari, e la trattoria con locanda (14 camere) Altavilla. La brava patronne  ed esperta sommelier Anna Bertola dispensa una cucina gustosa e varia, attenta alla migliore tradizione valtellinese. Ma si è resa colpevole di lesa maestà pizzoccherica: somministra cioè al cliente non ignaro (è avvertito dalla carta) i pizzoccheri “sbagliati” (mutuando, la definizione in campo coctelistico, dal Negroni sbagliato). Cambia cioè un ingrediente piccolo, ma fondamentale. Al posto dell’aglio versato alla fine col burro sfrigolante, utilizza la cipolla. Veramente, la prima colpevole è la madre di Anna, la Signora Lucinda, una novantenne che porta i suoi anni in maniera sbalorditiva. Le dava fastidio l’aglio e li ha sempre preparati così, quando stava ai fornelli. Ma è colpevole anche la figlia, che li mantiene in carta tali e quali, orgogliosamente definendoli proprio “Pizzoccheri alla maniera di mamma Lucinda (con patate, verze e soffritto di burro con cipolla)”. Buoni? Meravigliosi, anche se a chi scrive non danno alcun fastidio quelli all’aglio.
Del resto, lo stesso Mario Soldati, nel suo indimenticabile “Vino al Vino - viaggio per l’Italia alla ricerca dei vini genuini”, cita i pizzoccheri come “specialità di Teglio, pasta fatta in casa, di grano saraceno: corte fettuccine condite con verze, cipolla, erbe e formaggio” (pag. 88, ed. Oscar Mondadori
Saletta di Altavilla con orchidee
del 1977, ma la prima edizione è del 1969).
“Alla moda del Padrone” li preparano invece nel ristorante dell’Hotel Sport di Santa Caterina Valfurva, una settantina di km a est di Bianzone, vera montagna per gli sport invernali, coi suoi 1738 metri d’altitudine. Il patron Norberto Pedranzini li ha voluti così: tradizionali, con l’aglio, ma con un’aggiunta che li rende ancora più ricchi: una buona salsiccia a pezzetti, rosolata.
Ma torniamo necessariamente all’Altavilla di Bianzone. I piatti più tradizionali sono elencati a parte, sulla carta, e sono cinque: oltre ai famosi pizzoccheri, i chisciöi  con il cicorino; le manfrigole di grano saraceno con cuore di formaggio d’alpeggio; gli sciatt con il cicorino; e i taroz nel fagottino di pasta sfoglia e il salame nostrano.
Da notare che il cicorino è da condire “con la nostra selezione di oli e aceti”. E che selezione. Una trentina di extravergini da tutte le regioni d’Italia, tutti di gran valore perché Anna Bertola ne è appassionata intenditrice. In tavola ovviamente ne vengono portati da tre a cinque, ma si può andare a scegliere dall’apposito tavolo. Ci ha colpito, in particolare, uno valtellinese, davvero sorprendente, l’Olio dell’Elfo, una microproduzione da olive leccino dell’Azienda agricola Folini di Ardenno, profumato e fragrante, con equilibrato finale amarognolo e piccantino, alla pari organoletticamente con bottiglie ben più famose. Fra gli aceti, è un fuoriclasse il Sirk della Subida, friulano, ottenuto non direttamente dal vino, ma da uve del Collio trasformate appositamente in vino per ricavarne aceto e invecchiato in piccole botti. E tutto questo solo per condire il cicorino che accompagna chisciöi e sciatt, piatti che (pizzoccheri a parte) fungono da antipasto o, volendo, da secondo.
Fra gli altri antipasti, la bresaola la fa da padrona: da sola o in carpaccio coi porcini, coi salumi della valle e la giardinera fatta in casa, o, ancora, coi formaggi valtellinesi; ma c’anche un prosciutto della Foresta nera con mela della Valtellina e il petto d’oca affumicato.
Se proprio non si vogliono i pizzoccheri, si può optare, fra i primi, per gli ottimi tagliolini al ragù di selvaggina o per le tagliatelle ai mirtilli con ragù di cervo; per un risotto alle rape rosse e Robiola di
Salumi, funghi e i vini di Marcel Zanolari
Roccaverano, o gli gnocchi su fonduta di Castelmagno; o ancora, per un piatto di mare come le lasagnette con gamberi, salmone, branzino e crema di zafferano.
Saltiamo il capitolo zuppe (cinque comunque) per segnalare, fra i secondi l’eccellente lombata di cervo su crostone di pane nero con salsa al ginepro, pera al vino Sassella e mirtilli rossi in confettura; l’agnello in crosta di pistacchio (di Bronte, of course); e la salsiccia alla griglia servita nel lavécc (pentola in pietra ollare) con porcini trifolati e polenta mugna (una sorta di taragna con più farine).
Bisognerebbe farci una vacanza culinaria di tre giorni da Altavilla, sotto da mane a sera, per provare tutto, nella bella saletta adorna di orchidee, in quella, più intima, avvolta dalle bottiglie di vino o, rara avis, nella sala per fumatori. E ne varrebbe la pena. Per esempio, come andarsene senza aver assaggiato il “Trionfo dei formaggi con le mostarde”? O senza cimentarsi nella degustazione verticale di Bitto, il re dei caci valtellinesi (di 2, 5, 7 e 10 anni)?
Gran selezione di vini in una carta che ne propone di tutte le regioni, ma con giusta prevalenza valtellinese: tra i più noti, Nino Negri e Ar.Pe.Pe, Fay e Mamete Prevostini. Ma il genius loci impone di assaggiare i vini di due produttori, pur diversissimi, di Bianzone: Triacca  e Marcel Zanolari.
La Tenuta La Gatta dei fratelli Triacca (http://www.triaccavini.eu/it/la-gatta/la-tenuta), dominata dalla residenza nobiliare un tempo appannaggio della famiglia de Gatti, ex-convento cinquecentesco contempla su 13 ha a vigneti di nebbiolo, che concorrono (con altri in comuni vicini) a una produzione di circa 350mila bottiglie, fra cui spiccano il Valtellina Superiore Prestigio, lo Sforzato San Domenico, Il Monastero e il Casa La Gatta.
Solo su 7 ha insiste invece il vigneto di Marcel Zanolari, con la sua Azienda San Siro (www.marcelzanolari.com), ma tutto biologico o biodinamico e sempre teso all’alta qualità e alla sperimentazione.
Lombata di cervo, salsa di ginepro, pere al
Sassella e confettura di mirtilli, da Altavilla
Così, nella piccola cantina, da cui escono circa 30mila bottiglie l’anno, si trovano diversi vasi vinari, da quelli in acciaio per la fermentazione, naturale (con i lieviti delle uve stesse) alle piccole botti, alle anfore di argilla e cemento. In sostanza l’anfora sembra conferire al vino in maturazione una rotondità particolare, non molto dissimile da quella del legno, senza ovviamente rilasciarne i tipici sentori. Comunque Marcel Zanolari fa spesso il vino in due versioni: Lo Sforzato e Lo Sforzato Le Anfore, Pinot nero e Pinot nero Le Anfore, Cabernet sauvignon e Cabernet Le Anfore: tutti vini interessantissimi e diversi, ma molto buoni. Ci sono anche un bianco da uve pinot nero (quasi un rosato-ramato), il Vagabondo bianco da uve riesling e moscato, un Traminer e un Pinot bianco nelle due versioni. Una produzione tradizionale ed eclettica, per l’uso di diversi materiali e vitigni, di un piccolo produttore rigoroso e qualitativo, da provare assolutamente e da tenere d’occhio per il futuro.


Bormio: terme, formaggi e pizzocchero sferico
Da Bianzone a Bormio, solo 55 km ma un’ora e mezza d’auto: si sale da poco più di 400 m. fino a 1200 metri d’altitudine. Centro di sport invernali nonché termale (molto suggestivi e funzionali  gli stabilimenti QC Terme Bagni Vecchi e Bagni Nuovi, con annessi hotel a 4 e 5 stelle),
Pizzocchero sferico dell'Umami di Bormio
si fa valere anche per i suoi atout culinari: la rivista inglese The Telegraph Ski and Snowboard per esempio, cita Bormio in quanto cittadina “altamente raccomandata”
 come “Gastronomic Resort of the Year”. Vanta anche un ristorante stellato dalla guida Michelin, l’Umami  di Antonio Borruso (chef napoletano, ma con esperienza decennale in Valtellina, noto fra l’altro per il suo pizzocchero sferico, palla di pizzoccheri con l’aggiunta di un poco di Bitto, impanato e fritto. (www.umamirestaurantbormio.com). Gode di giusta considerazione anche il ristorante Al filò, in un ex-fienile e stalla, con volte di pietra risalenti al Seicento (www.ristorantealfilo.it). Qui lo chef Max Tusetti propone in prevalenza piatti della tradizione, a volte rivisitati con mano sicura. Come gli gnocchi di polenta su salsa di melanzane affumicate, salsiccia, Casera e pomodorini; la grigliata bastonata (con tre tipi di carni arrotolate sul bastone: cervo, maiale e manzo); o, ancora, i filetti di trota salmonata su spremuta di erbe aromatiche all’aceto di mele. E, alla fine, visto che “la boca no l’è straca se non la sa de vaca”, una composizione di formaggi d’alpeggio e confetture, irrinunciabile: si parte con lo Scimudin “casereccio” e un Casera giovane, si prosegue con Bitto e Casera di 2 e 4 anni, si termina con il Grana grosino e un Pecorino stagionato.
Tutti formaggi che si trovano in vendita, assieme a molto altro, nel negozio de La Latteria (via De Simoni 22, cell. 320.0754648, www.gustovaltellina.it , acquisti anche on-line), creatura di Enrico Fattor, di professione ottico, ma appassionato cultore e selezionatore di formaggi e gourmandise. Nel grandioso assortimento spiccano lo Storico Ribelle (già Bitto storico), presidio Slow Food, un Bitto, anzi il “vero Bitto della Val Gerola”, secondo i produttori, fatto in alpeggio fra i 1400 e i 2000 m., con le regole più tradizionali: 80% latte di mucca, 20% capra, con stagionatura minima di 12 mesi. In Latteria lo si trova anche di 2, 3 e 4 anni e, qualche volta, fino ai 10 di invecchiamento. Blu di Occhi è un meraviglioso erborinato di capra inventato dallo stesso Fattor: viene affinato con pezzi di mele e vaniglia in crosta, e un trito di gelsomino, karkadè, bacche di rosa canina e rum. Il Bastardissimo è un altro blu di capra, che si affina per un anno avvolto in un soffritto di cipolle. Presenti ovviamente tutti i formaggi valtellinesi e molte chicche regionali ed extra, come il Bagoss, il Montébore, il Testùn. Magnifiche slinzeghe e bresaole (anche di cervo) fra i salumi, birre artigianali della valle, vino di produttori selezionati. Non ultime, le interessanti degustazioni didattiche di formaggio, più volte la settimana (gratuite, ma occorre prenotarsi).

S. Caterina Valfurva: calma, sport e voluttà
Da Bormio si sale a Santa Caterina Valfurva in circa 20’ (sono circa 13 km di distanza), elevandosi sino a 1738 metri. Gli abitanti di questa frazione di Valfurva sarebbero solo 200, ma diventano molti di più d’inverno e d’estate, benché non vi sia gran mondanità, ma solo paesaggi, natura, piste innevate da
L'Hotel Sport di S. Caterina Valfurva: eccelente
rapporto prezzo/qualità
godere l’inverno, sentieri da percorrere d’estate verso cime e rifugi. Tutto nel cuore del Parco nazionale dello Stelvio, uno dei più antichi d’Italia, che tutela il paesaggio del maestoso gruppo montuoso Ortles-Cividale, la sua flora e la fauna. È la patria di Deborah Compagnoni, cui è intitolata anche una pista e non a caso quasi tutti gli anni vi si svolge almeno una gara di Coppa del mondo.
Non ci sono grandi alberghi a Santa Caterina, ma buoni tre stelle. Come l’Hotel Sport, un 3*** Superiore, in centro e a poche decine di metri dagli impianti di risalita; rinnovato negli ultimi anni, è dotato di buone camere e servizi, ampia hall, bar aperto agli esterni e ristorante di cucina tradizionale.
Anche la sala ristorante è aperta ai clienti esterni e, menu fisso a parte (in realtà tre menu di 4 piatti con Prosecco come aperitivo a 22 €: eccellenti costolette d’agnello) propone un menu alla carta molto tradizionale. Da una porta s’intravede la cantina, piccola ma di tutto rispetto, con un'eccellente  selezione di vini valtellinesi, ma anche di altre regioni, compresi alcuni top wine come Sassicaia, Solaia, Brunello di Montalcino. Tra gli antipasti, apprezzabili gli sciatt con cicorino (col difetto però di essere ordinabili solo a partire da 4 persone), l’ottima bresaola di cervo col burro al ginepro e il misto della casa (con bresaole di cervo e manzo, cacciatorino, funghi porcini e caprino).
Il wine-cellar dell'Hotel Sport
Tra i primi, si può optare per i pizzocheri tradizionali o per quelli “alla moda del padrone”, con in più la salsiccia a tocchetti; per le tagliatelle di castagne ai funghi, risotto con Bitto e bresaola o con i porcini. Buona la minestra d’orzo alla grigionese come pure i canederli tirolesi. Tra i secondi, chi ama la caccia punta sul salmì di cervo o sulle costolette, sempre di cervo, all’antica con salsa al ginepro; o sulla sua tagliata; altrimenti, filetti di manzo in varie maniere, Robespierre ai funghi, filetto di trota alle mandorle (ottimo) o salmone alla griglia. Notevole la panna cotta alla Bormina, con un goccio di Braulio. E poi subito via sulle ciaspole, sugli sci o in fat e-bike a digerire...

Info. Trattoria e locanda Altavilla, via ai Monti 46, Bianzone (So), tel. 0342.720355, www.altavilla.info. Chiuso lunedì. Prezzi (4 piatti alla carta): 38-45 €. Camera doppia b&b 70-80 €.
Restaurant Umami, via Funivie 3, Bormio, tel. 0342.903418, www.umamirestaurantbormio.com. Aperto solo a cena. Prezzi: menu 70-90 €; carta 58-88.
Al filò, via Dante 6, Bormio, tel. 0342.901732, www.ristorantealfilo.it. Chiuso lunedì e martedì mattina. Menu del Buon Ricordo: 40 €. Alla carta, 40-60 €.
Hotel Sport, via Magliaga 2, Santa Caterina Valfurva, tel. 0342.925100, www.hotelsport.info. Ristorante. Prezzi: 4 piatti con contorno, 38-63 €. Albergo. Fino al 18/3 e dal 18/3 al 25/3, pacchetti di 5 e 7 giorni, rispettivamente a 330 € e 450 € a persona in ½ pensione, con un’uscita pomeridiana in Fat bike, 1 serale con le ciaspole, avvicinamento allo sci di fondo, skypass a tariffa speciale (gratuito il pacchetto per bambini fino a 8 anni, ridotto dai 9 anni). 
Dall’8 al 18/4, in ½ pensione e a testa, 4 giorni 356 €; 6 giorni 510 €.
Fat bike Emotions: Andrea, cell. 347.4875041


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