lunedì 16 marzo 2015

Expo Milano 2015 / Con il pieno di Pilsner Urquell la macchina Cechia corre per arrivare prima




Il commissario all’Expo Milano 2015 Giuseppe Sala, a un mese e mezzo dall’inaugurazione (1° maggio) è ottimista: lavori completati al 90%, milioni di biglietti già venduti nel mondo (alle agenzie). Alcuni commentatori, di solito bene informati, un po’ meno. Per esempio, Alberto Statera di Repubblica scrive oggi nella sua rubrica Oltre il Giardino (sul supplemento Affari e Finanza) che “l'"indice di ritardo" si collocherebbe (fonte OpenExpo) a 37 su 100. I lavori in corso sarebbero il 74 per cento e alcuni avrebbero un ritardo ormai incolmabile”.
Ma c’è anche chi sprizza ottimismo da tutti i pori, per lo meno per il suo “orto”. Come il commissario della Repubblica Ceca Jiri Frantisek Potuznik, che ha dichiarato proprio in questi giorni che il suo padiglione sarà pronto in anticipo sulla data fatidica, presumibilmente entro metà aprile, fra i primissimi.
Sia come sia, il padiglione ceco non sarà probabilmente grandioso né scintillante od originale come altri, ma si preannuncia come uno dei più “solidi” e interessanti. Intanto ha la fortuna di essere uno dei
Il rendering del padiglione ceco a Expo 2015
primi accessibili dall’ingresso principale di Rho Fiera. Poi, la struttura, progettata da due giovani architetti, è bagnata su due lati da un canale, con un parco sul retro, mentre davanti all’ingresso è stata costruita una grande e bella piscina, proprio a margine del Decumano (il viale principale), con un bar sul bordo. E sul tetto, un giardino pensile. L’acqua è infatti il leit motiv del progetto: se la Cechia non ha sbocchi al mare ha però tre grandi fiumi ed è nota per la ricchezza in acque termali.
L’edificio si estende per 1500 mq, è costruito su tre piani e diviso in tre sezione: Fantasy and Fairy Tale Land, che proporrà “un’esperienza boema ad alto impatto emozionale”; Laboratory of Life, che ospiterà scienziati e artisti  per rendere visibile ai visitatori il “mondo sub-molecolare attraverso l’arte e alcune applicazioni interattive”; e Ideal Land, che si rivolgerà alla tradizione della Laterna Magika e al cinema interattivo del Kinoautomat.
La cucina boema verrà celebrata nel ristorante gourmand del padiglione, La Baita del cacciatore e, come si arguisce dal nome, servirà prevalentemente piatti a base di cacciagione e selvaggina, di cui i boschi cechi sono ricchi. Ma pure canederli (anche dolci, alla frutta) e il famoso prosciutto di Praga arrosto.
Imperdibile la birra Pilsner Urquell cruda (cioè non pastorizzata) che verrà trasportata in tank (serbatoi) e spillata direttamente. È una delle glorie gastronomiche della Repubblica Ceca, questa birra famosa nel mondo. In 9 ore i serbatoi refrigerati, montati su camion, partono dalla fabbrica di Plzen (Pilsen) e arrivano a Milano. A 91 km da Praga (un’ora d’auto), Pilsen, capitale europea della cultura per il 2015, merita la visita. Per le sue chiese gotico-barocche, il municipio rinascimentale, la sinagoga (la terza più grande al mondo). E il Birrificio e il Museo Pilsner Urquell, in cui vengono illustrate le secolari procedure della cotta della birra originale di Pilsen: spillata per la prima volta nel 1842, con quel nuovo, oggi inconfondibile sapore, che poi verrà codificato nello stile Pils in tutto il mondo. Lager e Pils hanno la stessa tipologia di lavorazione, ma mediamente la Pils è più pregiata. Birra a bassa fermentazione ha colore oro pallido ed è molto luppolata. Il luppolo della Pilsner Urquel è il pregiatissimo Saaz, da cui il gradevole gusto amarognolo che s’intreccia con la delicata dolcezza del malto moravo.
Il 15 maggio, al Padiglione ceco, grandi festeggiamenti in coincidenza con la festa nazionale, che a Praga si celebra con un tripudio di giochi d’acqua. E nel padiglione milanese? Sicuramente la Pilsner Urquell scorrerà. A fiumi.
Info. www.expo2015.org/it/partecipanti/paesi/repubblica-ceca
www.pilsen.eu
www.pilsnerurquell.com
www.expo2015.org

sabato 14 marzo 2015

Longino e Cardenal, un ricco svizzero e un proletario cubano? Macché, tutto inventato. Tranne le loro delizie


Ostriche Tsarskaya di Cancale, allevate da Les Parcs Saint Kerber


Che rapporto ci può essere fra il Signor Longino, svizzero di nobile famiglia e il Señor Cardenal, umile pescatore cubano? È la comune passione per il buon cibo, per la qualità ad ogni costo. Sono quindi due gourmet? In un certo senso, dato che sono associati nella Longino & Cardenal, società tutta italiana che da oltre vent’anni porta sulle tavole dei migliori ristoranti, ma anche nei punti vendita più accorti, “cibi rari e preziosi”. Peccato che i due non esistano veramente: furono il parto della fantasia di 4 giovani intraprendenti, che iniziarono la loro attività di ricercatori del cibo di qualità a La Spezia nel 1988, importando caviale dell’Iran. Longino & Cardenal, dopo essere stata società in accomandita semplice, poi a responsabilità limitata, è diventata spa nel 2006 e nel frattempo si è trasferita a Pogliano Milanese, dove ha una sede ampia e magazzini per la merce pregiata che importa da tutto il mondo, non solo conserve ma anche carne, pesce e frutta fresca.
Nelle sue sale organizza eventi di presentazione dei prodotti che distribuisce in Italia, invitando gli artigiani e piccoli imprenditori a raccontare i procedimenti di produzione alimentare. Il portafoglio (ma sarebbe meglio dire: il frigorifero) è ampio, si va dalle specialità ittiche ai salumi, dal foie gras alle lumache, dalle verdure in conserva a funghi e tartufi, dai prodotti etnici allo Champagne.
Eccone alcuni, particolarmente interessanti per bontà e raffinatezza, assaggiati durante la recente kermesse Longino Food Experience 2015, in un padiglione della sede di questi fantasiosi “svizzero-cubani”.
L’ostrica Tsarskaya, creata nel 2004 e dedicata agli zar russi, gran consumatori della bivalve.
Allevata a Cancale, in Bretagna, per 3/4 anni, ha carne bianca, croccante, sapore pronunciato, di iodio, con finale di mandorla dolce lievemente astringente.
Les Parcs Saint Kerber, L’Aurore, Cancale, Bretagna, Francia, www.saintkerber.com.

Los Peperetes, le specialità ittiche di Jelopa, Spagna.
Non è niente male anche l’ostrica selvaggia galiziana di O Percebeiro, che propone tutta una serie di frutti di mare acquisiti con piccoli pescherecci da pesca costiera, dai ricci alle cappesante, dalle vongole ai gamberi, al pesce fresco.
O Percebeiro, Puerto Pasquero Marin Almacén 47, Pontevedra, Galizia, Spagna, www.opercebeiro.com.

Intervallo con le splendide olive taggiasche di Terre Taggiasche. Non da meno l’olio extravergine, ma anche alcuni trasformati come il sugo ai carciofi, il pesto con basilico genovese Dop e la salsa di noci.
Terre Taggiasche, via Dante 4, Gazzelli, Chiusanico (Im), www.terretaggiasche.it.

È il momento dei foie gras di Georges Bruck, che opera a Strasburgo, una delle patrie francesi di questa specialità (l’altra famosa è il Périgord, in Dordogna). È tutto un mondo, quello del fegato grasso d’oca o d’anatra, volatili che vengono certamente allevate all’ingrasso, in maniera forzosa, ma con metodi più dolci di un tempo. Ci sono i fegati crudi e cotti, al tartufo, al torchon e in terrine decorate, in gelatina al Madera o allo Champagne. Ma anche le gustose terrine di cinghiale, di volatili e di maiale alsaziano. Non paghi quelli della Georges Bruck (maison familiare sulla breccia da 5 generazioni), si sono inventati i confit (sorta di salse) da accostare ai foie gras: al Gewurztraminer, al Pinot nero o anche alle cipolle.
Georges Bruck, Strasburgo, Alsazia, Francia, www.bruck-foiegras.com.

Puliamoci la bocca con le spettacolari mandorle di Almondeli, in particolare con la gustosissima Marcona, una specialità coltivata solo lungo la costa mediterranea spagnola, dolce e delicata, ma che fritta e poi salata è perfetta con gli aperitivi e anche per accompagnare i formaggi.
Almondeli, Alicante, Costa Blanca, Spagna, www.almondeli.es.

Formaggi? Chantal Plasse, figlia d’arte, li fa stagionare con perizia e amore. Fra i migliori,
l’Èpoisses affiné au marc de Bourgogne, il Saint Marcelin, il Brie a latte crudo, il Reblochon fermier, il Pont l’Eveque, i vari Regal de Bourgognon con erbe, uva, semi di senape e il Langres…non si finirebbe più di assaggiarli.
Chantal Plasse, www.cplasse.com.

Torniamo in Spagna con due produttori. Il primo, Jelopa – Los paperetes è il re del pesce in conserva, non solo sardine (anche stufate), relativamente consuete ai palati italiani, ma soprattutto calamaretti en su tinta (“all’inchiostro”) o sott’olio, cozze marinate o galiziane (con cipolla, peperoncino, spezie…), polpo in olio d’oliva o in salsa di paprika, caviale di ricci di mare e granchi e, infine, prodotti degli estuari galiziani: conchiglie, cannolicchi e vongole bianche.
Jelopa, Valentin Viqueira 28, Carril, Villagarcia de Arosa, Galizia, Spagna, www.peperetes.com .

Il venenciador di Sherry, ottimo
con il jamon iberico de bellota 
Prosciutto prosciutto, anzi Jamon jamon era il titolo di un film di Bigas Luna: ok al jamon, ma che sia iberico de bellota, il migliore al mondo secondo il mio immodesto parere, pur rispettando i nostri vari San Daniele, Parma e soprattutto il mitico culatello di Zibello.  Jamons Blasquez di Salamanca (lì vicino c’è Guijuelo, una delle poche zone spagnole dove si allevano in semilibertà i maiali della pregiatissima razza iberica) propone i suoi Bellota a 36 mesi di invecchiamento. Bellota vuol dire ghianda e indica la più alta qualità di questi prosciutti veramente straordinari: negli ultimi mesi di vita i maiali, in branco e semiliberi su grandi distese mangiano solo erba e ghiande e questa alimentazione conferisce un sapore particolarissimo alle loro carni, senza contare che il tenore presente di colesterolo si abbassa e diventa in gran parte “buono”, grazie all’alimentazione naturale basata sulle ghiande.
Blasquez, c/Ventura Ruiz Aguilera 1, Salamanca, Spagna, www.jamonesblasquez.com.

Mitico culatello di Zibello?, si diceva poco sopra. Una riconferma della sua eccellenza viene dagli squisiti salumi di…Squisito, che produce poche centinaia di pezzi all’anno di autentico culatello, ma fa messe di premi, grazie a un prodotto curato con amore maniacale.
Salumificio Squisito, Diolo di Soragna, (Parma), www.salumificiosquisito.it.

E per bagnarsi l’ugola? I grandi Champagne di un piccolo produttore, una delle rare maison ancora familiari (i Lhopital) da più d’un secolo, che gode però di grande prestigio. De Telmont si fa valere certo con un ottimo Grand Rosé e con i suoi millesimati 2004 e 2006 Grand Vintage e Blanc de blanc. Ma il vertice lo raggiunge con Le Grand Couronnement, chardonnay in purezza, ampio e setoso e in particolare con O.R. 1735: una sigla e una data che vogliono ricordare un’ordinanza reale (OR) del 1735 con cui re Luigi XV autorizzava finalmente l’uso della bottiglia per il trasporto all’estero, che fino ad allora veniva effettuato in botte. Solo 25mila bottiglie dell’annata 2002 per uno Champagne d’eccezione, ancora fresco ma complesso, dai bei sentori agrumati prima, poi di vaniglia, brioche, pane grigliato. A tutto pasto, con piatti sostenuti, del tipo pollame nobile arrosto con spugnole o porcini.
De Telmont, av. de Champagne 1, Damery, Francia, www.champagne-de-telmont.com.

Info. Longino & Cardenal, via Moroni 8, Pogliano Milanese (Mi), tel. 02.93559321, www.longino.it

mercoledì 11 marzo 2015

Nino, il giovin Cabreo de’ Folonari


Panorama delle Tenute del Cabreo
La famiglia Cabreo è composta da papà anzi babbo Borgo (siamo  in Toscana, a Panzano in Chianti), mamma Pietra e zio Black (è un nero detto anche Pinot).
L’ultima nato è Nino, un giovane virgulto, che già dimostra tutta la sua precocità.
Ambrogio e Giovanni Folonari
Usciamo dalla metafora e sveliamo il piccolo mistero.  Ambrogio e Giovanni Folonari, titolari delle omonime Tenute, hanno appena battezzato il loro nuovo vino Nino, un Toscana Igt, che affianca gli altri vini di punta della Tenuta del Cabreo: Il Borgo (sangiovese e cabernet sauvignon), La Pietra (chardonnay), Black (pinot nero). Vini impagnativi, di grande spessore e prolungata maturazione in piccole botti, compreso lo Chardonnay, un bianco che nel 1983, quando nacque, sembrò un’ardita, seppur riuscita innovazione, tanto che fu paragonato a un Montrachet borgognone.
Nino è un sangiovese quasi in purezza; nell’uvaggio è presente anche un 5% di colorino, che dona una nota di colore e di souplesse al rosso rubino del vino. Che è dedicato a Giovanni Folonari detto Nino (1899-1979), padre di Ambrogio. Fu lui, fra l’altro, a far ripartire la Ruffino di Pontassieve (acquistata da suo padre Italo) nel 1913, distrutta dai bombardamenti dopo la seconda Guerra mondiale. Oggi però, dopo che alcuni anni fa Ambrogio e il figlio Giovanni lasciarono l’azienda di famiglia in mano ai loro parenti per fondare le Tenute Folonari, Ruffino è finita è in mano al gruppo americano Constellation Brands.
Nino
È tutt’altro che un bimbo, in realtà questo Nino. Estrema cura delle uve in campagna (resa per ettaro sui 60 q.li), attente macerazioni, maturazione del vino in barrique e affinamento in bottiglia di almeno 6 mesi ne fanno un rosso a tutto tondo, di quelli cioè che danno il meglio di sé con arrosti di carne rossa, piatti di pollame nobile e selvaggina e formaggi stagionati. Luigi Taglienti, chef del ristorante gastronomico dell’hotel Palazzo Parigi di Milano, ama accostarlo a un primo taglio di manzetta arrosto, accompagnato da scorozonera e funghi cardoncelli. Il Cabreo Nino 2011 ha ammorbidito gli spigoli iniziali, divenendo morbido ma sostenuto e elegante, con un avvolgente profumo di piccoli frutti rossi, anche leggermente speziati.
Per ora solo 2000 bottiglie (ma si punta in futuro a 7/8000), 500 magnum e 60 jéroboam (doppio magnum, 3 lt) e prezzo adeguato (da 65 € in enoteca, oltre al ristorante).
Info. Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, via di Nozzole 12, Greve in Chianti (Fi), tel. 055.859811, www.tenutefolonari.com