sabato 8 novembre 2014

Il Sciur vino di Casimiro Maule fa bene ai muretti a secco e al paesaggio della Valtellina


Stage nel vigneto in zona Fracia per la riparazione dei muretti a secco
Chissà se il Sciur Carluccio sarebbe stato contento di dare il suo “nome” a un vino della sua Valtellina. Probabilmente sì, anche se in realtà il richiamo è all’appellativo, Sciur, in dialetto valtellinese (e lombardo): Signor.
Casimiro Maule, enologo principe e direttore della Nino Negri (ormai da vent’anni parte del Giv, Gruppo italiano vini), rammenta bene i primi anni Settanta quando ancora il Sciur Carluccio si aggirava
Casimiro Maule
tra le botti e i vigneti della cantina fondata dal padre Nino nel 1925. Maule, giovane enologo poco più che ventenne, si dava da fare per migliorare il vino, senza darsi troppe arie, anzi ascoltando con la modestia necessaria l’esperienza di chi era più navigato di lui. E la sua valentia, l’avrebbe provata clamorosamente a tutti negli anni Ottanta, con la creazione dello Sforzato Cinque Stelle, un rosso importante, che deriva da uve appassite almeno tre mesi e che diede una scossa a tutta l’enologia valtellinese. Eppure questo ricordo gli è venuto alla mente di recente per un caso di serendipity (succede qualcosa da una parte, che provoca un avvenimento imprevedibile da un’altra). Era accaduto che un gruppo di studenti del Politecnico di Milano, quasi tutti stranieri e senza grandi conoscenze sul vino, guidato dai professori Giulio Ceppi e Francesco Zurlo, avevano, dopo lunghe discussioni, analisi e meditazioni, trovato il nome, legato al progetto, del nuovo vino della Nino Negri, un vino diverso da tutti i precedenti: SCIUR (con accento acuto sulla u e puntino basso sulla i, che in questo articolo omettiamo). Ma inteso non come la traduzione dialettale di Signor, ma come acronimo di cinque parole, che riassumono il progetto. Il nuovo vino, infatti, doveva essere Sostenibile, Concreto, Innovativo, Unico, Responsabile: SCIUR, appunto. E buono? Anche, ma questo, a parte che non era compito loro, veniva dato quasi per scontato, visto la fama della cantina e del suo enologo.
Il progetto è nato nel 2007, dalle discussioni fra Giacomo Mojoli (giornalista, ex-dirigente di Slow Food e docente universitario) e Casimiro Maule ed è diventato realtà a novembre 2014. E la realtà si
I vigneti di chiavennasca (nebbiolo)
in zona Fracia
concretizza in un Valtellina Superiore, dunque da uve chiavennasca al 100% (il nebbiolo della montagna valtellinese), le cui vigne sono coltivate su erte terrazze delimitate da muretti a secco, secondo la tradizione di questa viticoltura, spesso definita “eroica”. Un vino, diciamolo subito, molto buono, ma di beva non complicata, con 13 gradi d’alcol bene in equilibrio con le sensazioni organolettiche che suscita, non troppo austero e comunque armonico, con un piacevole fondo ammandorlato.
La resa per ettaro è stata ovviamente bassa, 40 hl su un vigneto di 4 ettari in zona Fracia, a un’altitudine compresa fra 380 e 500 metri. 
Dopo una vendemmia non semplice, quella del 2012, e la fermentazione durata 12 giorni, il vino è maturato per 16 mesi in piccole botti da 750 litri e poi si è ulteriormente affinato in bottiglia (prezzo in enoteca, sui 23 €).
Dietro a questo primo risultato, c’è tutta la storia di un nuovo vino, che ha le sue radici nel passato, ma è saldamente proiettato nel futuro.
Bastano, forse, a spiegarlo i significati dell’acronimo SCIUR.
S come Sostenibile: una concezione e una gestione del vigneto che ha abolito i diserbanti, puntando su concimi naturali e tecnica del sovescio; riduzione dei solfiti; gestione ecologica delle risorse energetiche e dei rifiuti; eco-packaging (bottiglia più leggera, eliminazione delle etichette, capsula e tappo riciclabili).
C come Concreto: ricerca e sperimentazione sul campo, uve da vigne impiantate nel 1996, produzione programmata (15mila bottiglie), organizzazione del lavoro razionale.
I come Innovativo: progetto preciso, coinvolgimento di un team internazionale di studenti, rapporto sinergico con la Scuola di Design del Politecnico di Milano.
U come Unico: frutto di collaborazione interdisciplinare e interculturale. Sistema vino che pone al centro del processo la sostenibilità economica, ambientale e sociale. Profilo sensoriale del vino che riporta al nebbiolo, ma con toni imprevedibili di freschezza e notevole profumo.
R come Responsabile: responsabilità sociale per la tutela e la valorizzazione del territorio; stage per giovani muratori affinché imparino le tecniche di costruzione e mantenimento dei muretti a secco; tutela e sviluppo della biodiversità della flora e della fauna valtellinese; devoluzione di 1 euro per ogni
bottiglia venduta, per i progetti di salvaguardia dei muretti a secco, troppo spesso votati all’abbandono e al decadimento.
Insomma, un vino carico di significati, non solo organolettici. Un vino per salvare i muretti a secco e il paesaggio della Valtellina. Un Sciur vino…

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